mercoledì 30 maggio 2007

Dario Argento & John Landis @ IULM


Iniziato con un bel montaggio delle migliori scene horror dei film di dario Argento e John Landis, l'incontro con i due maestri dell'horror, organizzato dall'Università IULM e da SkyCinema, non poteva che proseguire in meglio. A presentare i due registi c'era Gianni Canova e, in rappresentanza dell'ateneo, il "Magnifico" Rettore Puglisi che, dopo appena mezz'ora dall'inizio dell'evento, ha deciso di abbandonare l'aula magna, porgendo come omaggio ai due registi una felpa IULM ed una sacca di plastica...evito di fare commenti a riguardo.

Il moderatore dell'incontro, Gianni Canova, ha iniziato subito ponendo alcune questioni ai due Maestri dell'horror, prima fra tutte quella di parlarci di com'era stato lavorare per il progetto di SkyCinema che prende il nome di "Masters of Horror". Dario Argento ha parlato del suo progetto girato a Torino e post-prodotto negli studi di Los Angeles, affermando di essere rimasto molto soddisfatto dal fatto che, per la prima volta, gli venisse proposto di fare un film con la promessa di avere libertà d'azione. La censura cinematografica prima, e televisiva poi, gli aveva tolto, negli ultimi anni, la voglia e il piacere di fare film. In questo progetto ha quindi deciso di dare tutto se stesso, lasciandosi anche trasportare, tanto che alla fine una piccola sequenza è stata veramente tagliata. La sequenza incriminata della quale Argento si lamentava aveva come tema centrale una scena di sesso orale, terminato però con l'amputazione dell'organo maschile ad opera della donna che, nel bel mezzo dell'opera decide di serrare la bocca e digrignare i denti. John Landis è anche simpaticamente intervenuto per sottolineare che il pene in questione era stato preso direttamente dal film Boogie Night e contava delle dimensioni decisamente sproporzionate. Dario Argento ha affermato che fosse giusto per farlo riprendere meglio dalla cinepresa...fattostà che la scena non è stat gradita dai "censori" che comunque hanno promesso ad Argento che gli avrebbero permesso di mettere la versione integrale su DVD.

La lectio dei due registi sull'arte del montaggio del genere horror è proseguita soffermandosi su temi come il rapporto tra il campo ed il fuori campo per la creazione della paura, le tecniche utilizzate per far affezionare gli spettatori al personaggio in modo che si preoccupino del suo futuro nel film, la gestione del budget fornito al regista dalla casa produttrice, come si racconta una storia, sia essa cinematografica, pubblicitaria o musicale...

L'incontro è risultato molto interessante, sia perché a parlarci c'erano due grandissimi del cinema horror, sia perché gli argomenti toccati sono strettamente correlati con il nostro indirizzo di studio. John Landis si è rivelato essere una persona molto gradevole e simpatica, intervenendo spesso e volentieri nei discorsi di Dario Argento per inserire qualche battuta o qualche verso che generasse l'ilarità generale. Una frase che ha particolarmente attirato la mia attenzione è stata quella pronunciata da John Landis riguardo la capacità del tutto unica del cinema di parlare a tutti senza che ci sia bisogno di alcun tipo di istruzione. Se devo leggere un libro infatti, devo essere alfabetizzato, ovvero devo conoscere i simboli della scrittura, individuare delle strutture che regolano l'accostamento di tutti questi simboli e poi rielaborare il significato della parola rapportandolo al mondo reale nel quale vivo e cercando una corrispondeza. Nel cinema invece, quello che vedo, è anche quello che vivo. Non ho bisogno di qualcuno che mi spieghi come si fa ad interpretare le immagini che vedo, perché capisco subito la narrazione della storia, e questo probabilmente perché, la narrazione cinematografica segue lo stesso percorso che facciamo quando sognamo. Insomma, il cinema utilizza lo stesso linguaggio dei sogni. Per questo che riusciamo a capirlo e a vederlo senza aver bisogno prima di essere istruiti sul funzionamento di questo linguaggio. E questo penso che sia semplicemente fantastico.

INTERVISTA DI SKY A JOHN LANDIS

JENIFER 3 giugno ore 21.00 SKY Cinema Max
di D. Argento. Con: S. Weber, C. Fleming

DEER WOMAN - LEGGENDA ASSASSINA 10 giugno ore 21.00 SKY Cinema Max
di J.Landis. Con: B. Benben, A. Griffith

domenica 27 maggio 2007

Io, l'altro


Il mare, una barca, due pescatori, una ricetrasmittente ed una radio. Questi sono i protagonisti indiscussi del film. Un film psicologico prima ancora che sociale. Un film che indaga nella psiche dell'uomo, scava dentro l'anima andando a tirarne fuori le paure, i dubbi il non-detto. L'alienazione e l'isolamento mettono i due pescatori uno di fronte all'altro. Li portano non solo a guardarsi negli occhi, ma anche a guardarsi dentro. Due pescatori stretti da un legame di amicia così forte da sentirsi fratelli. Una relazione che verrà completamente stravolta dall'annuncio alla radio - unico medium di contatto con il mondo circostante - di un attentato ad un treno in Spagna organizzato da un terrorista che porta lo stesso nome del pescatore tunisino Yousef. Se all'inizio i due amici ci scherzano sopra pensando a quanti soldi potrebbero fare da interviste televisive e quant'altro, l'isolamento, l'arrivo di notizie di ambigua interpretazione e il crescente sospetto di Giuseppe, portano la situazione a diventare sempre più tesa. Dalla radio arriva la notizia che la capitaneria di porto è stata già avvisata. Giuseppe trova nella giacca di Yousef un articolo di giornale su un terrorista. Yousef confessa a Giuseppe di essere già stato in Spagna. Nonostante Giuseppe non voglia credere a questa brutta storia, i pregiudizi, le paure e le influenze esterne lo portano a credere nella colpevolezza del suo amico fraterno. La stanchezza e la mancanza di notizie certe porteranno questo brutto caso di omonimia a distruggere le vite dei due pescatori.

Raoul Bova è stato veramente bravo in questa interpretazione del pescatore siciliano perennemente arrabbiato con il suo "padrone" che gli paga troppo poco il pesce, sempre sveglio, sempre in allerta, che non prende il sonnifero consigliatogli dal medico e sfoga il suo nervosismo e il suo stress sull'incolpevole Yousef. Dal canto suo Giovanni Martorana sembra veramente un tunisino sbarcato in Italia, sia nell'aspetto che nella parlata. Sogna di tornare a casa dalla sua moglie e dai suoi figli che purtroppo vede solo una volta all'anno e che tradisce con prostitute occasionali, d'altronde si tratta solo di "un bisogno fisologico, non di tradimento". I personaggi sono molto simpatici e rappresentano due facce della stessa medaglia. Giuseppe critica tanto i terroristi che non guardano in faccia le persone prima di ucciderle e Yousef critica gli americani che bombardano i civili, anche loro senza guardare in faccia. Questa critica mossa al terrorismo da una parte e alla guerra americana dall'altra fanno parte del signficato del film e contribuiscono ad accrescerne i meriti.

Un film veramente bellissimo che ho visto quasi senza neanche volerlo, inaspettatatemnte perché ero convinto di andare a vedere "I pirati dei caraibi", ed invece mi son trovato su tutt'altra imbarcazione e con ben altri compagni di viaggio, certamente più graditi.

sabato 26 maggio 2007

Il Gaucho


"E' una storia moderna, capito? Un'indagine di costumi, vista in una prospettiva psicologica particolare che accentua diciamo il conflitto fra l'umano e il sociale. E' un film insomma..."
"Si insomma, in parole povere, è la storia di una mignotta..."

Così viene descritto il film in concorso a Buenos Aires dallo stesso sceneggiatore, subito corretto dal Gaucho Vittorio Gassman che cerca di tagliare corto un discorso che probabilmente sarebbe andato per le lunghe. Ebbene questa critica del film in concorso secondo me può essere considerata come una descrizione del film di D.Risi, un film che analizza i costumi degli italiani all'estero che, come dice lo stesso Nino Manfredi nella scena fuori dal ristorante italiano, "c'hanno sempre l'Italia in bocca, no c'hanno anche un core grosso così, ma in fondo, dei connazionali come a me se vergognano".
Si parla di un periodo in cui molti italiani sono andati in Argentina a cercare fortuna, lo stesso Nino Manfredi, in un colloquio con Gassman, afferma di esserci andato nei primi anni anni 50 convinto di poter avviare dei buoni affari, ma si ritrova, a dieci anni di distanza, a scappare, per le vie del porto, dall'amico che è riuscito a trovarlo. Il motivo? La vergogna di dover ammettere il fallimento che cercherà di nascondere con menzogne di ogni tipo, fino a quando, confessata la rovina nella quale si è infilato "fino al collo", ci ride sopra insieme al Gassman con le pezze al sedere procurate andando tutti i giorni a letto alle 5 del mattino.

Il personaggio di Gassman è cinico, approfittatore, opportunista, eccentrico, fa ciociara, e forse è proprio lui la mignotta della quale lo stesso Gassman parla descrivendo il film portato in concorso a Buenos Aires. Ama le donne, tanto da finire a letto con Ines, la moglie dell'ingegnere, donna argentina, focosa che cede alle tentazioni dell'italiano, senza che suo marito possa sospettare nulla, neanche quando gli recapitano una lettera anoniama con la confessione del tradimento, perché "un italiano no molestarìa mai la moglie di un amico".

Il personaggio di Gassman può essere definito cinico perché non indugia a lanciare addosso ad una delle due ragazze protagoniste del film in concorso il corpo morto di un pinguino ritrovato sulla spiaggia semplicemente per fare uno scherzo. Ancora si dimostra amicone del romano che lo rende vittima di un pericoloso sorpasso (che nell'omonimo film era solito fare lui ai danni di altri malcapitati, addirittura si sente lo stesso clacson, indice acustico dell'imminente atto spregiudicato), per poi gettare all'aria il bigliettino da visita che gli era stato dato per restare in contatto. Oppure basta pensare a quando mette della semplice acqua all'interno di una boccetta per regalarla all'ingegnere spacciandola per acqua della fontana di Trevi che porta sempre con se, come se veramente gli importasse qualcosa dell'Italia, la stessa Italia che critica nel discorso in casa dell'amico Manfredi ma che poco prima aveva celebrato al grido "Viva l'Italia" quando aveva scoperto che in Argentina hanno il record per gli incidenti mortali di auto, secondi solo all'Italia. Al saluto "Ciao paesan" risponde con un "paesan lo dici a tu nonno". Quando viene inneggiata una canzone italiana cerca subito di cambiarla con un mambo o con musiche brasiliane. Fa di tutto per inserirsi nel mondo degli affari argentino in modo da abbandonare l'Italia e portare con sé moglie e figlio, dei quali sappiamo veramente poco, anzi, quasi nulla. Sembra essere andato in Argentina proprio per fuggire dagli italiani, quando li incontra nel quartiere italino fa di tutto per andarsene il prima possibile in modo da non restare troppo in contatto con loro. Risolve sempre ogni relazione con uno "Scrivimi". Così fa con gli italiani che incontra, compreso il suo amico Manfredi, e così fa anche con la moglie dell'ingegnere prima del ballo negato. Il Gaucho è anche cafone con le donne, tanto da cercare di rompere la relazione tra una delle due ragazze del film e il suo fidanzato, da permettersi di scherzare ed ironizzare dopo aver approfittato della moglie dell'ingegnere, da impossessarsi della stanza più grande dell'albergo nonostante sia da solo e lasciare la stanza più piccola alle tre ragazze.

Gli italiani in Argentina invece soffrono tantissimo la mancanza del proprio paese, Manfredi ha in casa quadri del Vesuvio, al whisky preferisce un bel bicchiere di Chianti (probabilmente anche per il prezzo del whisky), ha la casa sul porto da dove può vedere la nave Livorno che fa sempre il viaggio in Italia, continua a rimuginare e a ripensare se fosse rimasto in Italia cosa sarebbe successo e chiede all'amico com'è la situazione italiana, quasi stesse già pensando da tempo ad un possibile rientro in patria. Gli italiani sono vittime di un forte processo sarcastico in questo film. Basti pensare a quando Gassman cerca il quartiere italiano, chiede ad un passante dove sia, ma non c'è bisogno che quest'ultimo risponda, perchè basta che passino tre bambini e uno dei due faccia una pernacchia per fargli capire che deve seguire loro per arrivare a destinazione.

Lo stesso Gassman si esprime in questo modo quando gli viene chiesto, molti anni dopo, quale sia il suo giudizio sul film: gaucho aveva una carica di volgarità e di cattiveria umoristica genuina, notevole, è la punta massima di 'volgarità' cinematografica a cui mi sono spinto, un personaggio efferato che sputava il male, cosa da produrre uno scandalo in Argentina, io fui bandito dalle sale cinematografiche per un anno avendo offeso i costumi nazionali. Pigliavamo in giro tutti, insomma. Avevamo perso un po' la misura. Ma il film non era stupido" (Vittorio Gassman, di Giacomo Gambetti, ed. Gremese, pp. 126-127). Ha assolutamente ragione, la cattiveria umoristica di cui ci parla si vede in quasi tutte le scene del film, dall'atteggiamento che ha con lo sceneggiatore considerato comunista ed omosessuale, agli epiteti che da ai varsi personaggi che incontra, fino al comportamento opportunista e mefreghista che lo porta a passare sopra tutto e tutti.

Il film ha una bellissima storia, ha una interessante idea di fondo, un'analisi psico-sociale dei costumi. E' carico di cinismo, lo stesso cinismo Risiano che pervade film come "Il sorpasso", "In nome del popolo italiano". I retroscena del film sono molto interessanti e spiritosi, come quello raccontato da D.Risi che afferma che il produttore del film andò in Argentina a girare il film perché pensava di trovare centinaia di donne mentre non batté chiodo. Gassman al contrario, fece il don giovanni. Anzi, il Gaucho.

giovedì 24 maggio 2007

Addio mucche!


Dopo la distruzione di due "opere d'arte" rappresentanti delle mucche alquanto particolari in centro milano, sappiate che le loro salme verranno portate in corteo per tutta la città. Siete pregati di accorrere numerosi per l'ultimo saluto. Daltronde, se lo meritano.


domenica 20 maggio 2007

Parcheggio stile autoscontro

Penso che questo video non abbia bisogno di presentazioni...esilarante!!!!!

lunedì 14 maggio 2007

Raoul Bova @ IULM


In occasione dell'uscita del film "Io, l'altro", Raoul Bova, Giovanni Martorana ed il regista Mohsen Melliti son venuti in università per discutere con noi studenti sul significato del film e sulle difficoltà incontrate per riuscire ad intraprendere un progetto così poco considerato dalle case di produzione italiane che puntano solamente alla massimizzazione del profitto. A moderare l'evento c'era Gianni Canova, penso non abbia bisogno di presentazioni e, nel mentre che scrivevo il suo nome, devo confessare che mi sono inginocchiato...
Raoul Bova, arrivato in mezzo alle grida delle ragazze e ai flash dei fotografi presenti all'evento, si è rivelato essere una persona molto gentile con le numerose fans che lo hanno circondato prima e dopo l'evento per autografi e fotografie. Ma soprattutto si è rivelato essere un grande professionista a livello cinematografico esprimendo opinioni di rimprovero e disaccordo nei confronti di un cinema italiano in evidente declino verso il prototipo del film di natale come unico prodotto cinematografico degno di essere prodotto. Un cinema che non degna neanche di uno sguardo gli script impegnati che magari cercano di mandare un messaggio al pubblico invece che richiedere solo i soldi del biglietto per una serata insipida che, se fosse stata passata sulla poltrona di casa a guarda Buona Domenica invece che al cinematografo, sarebbe stata la stessa cosa. Ad accompagnare Raoul Bova c'era anche l'altro grande protagonista del film, Giovanni Martorana, attore che, come lui stesso si è definito, vanta una lunga esperienza di strada. Nonostante sia italianissimo, di Palermo per la precisione, le sembianze da tunisino ci sono tutte, anzi, prima che iniziasse a parlare e mostrasse un evidente accento siciliano, in pochi avrebbero scommesso sulla sua cittadinanza italiana. E' stato molto simpatico raccontando anche aneddoti della sua travagliata vita da pseudo-extracomunitario, a causa dei continui misunderstanding ed equivoci che si venivano a creare ovunque andasse in Italia e principalmente dovuti al suo abbigliamento un pò particolare e stravagante.


Questo presentatoci dal regista Mohsen Melliti è un film impeganto, sofferto, voluto, ottenuto. E' un film che sicuramente darà una grossa boccata d'aria a questo cinema italiano che stava morendo soffocato, con al collo le mani strette di chi punta esclusivamente al guadagno senza pensare ai contenuti, al cinema, alla storia, alla memoria. Questo è un film che si schiera in aiuto dell'altro, del diverso, dell'incompreso perché non come noi. E' un film che si schiera contro chi non ascolta perché assordato dalla paura. Paura che ci rende spesso ciechi oltre che sordi, che non ci permette di riconoscere nell'altro un nostro fratello e che ci porta a dubitare di tutti e di tutto, fino al punto di escludere l'altro, escludere il diverso. Questo film vuole combattere questi pregiudizi. E' stato molto bello l'intervento iniziale del regista che ci ha spiegato come, prendendo una barca, mettendola in mezzo al mare e mettendoci sopra un uomo il più è fatto. Hai un uomo costretto a fare i conti con se stesso, a perdere i contatti con la terra, a perdersi nel blu del cielo e del mare. E' qui che nascono i sospetti, quei sospetti che il personaggio interpretato da Raoul cerca di combattere ma dai quali viene impossessato più e più volte.
Un film assolutamente da vedere, quantomeno per il coraggio dimostrato dagli attori e dalla troupe che hanno deciso di ridurre il proprio stipendio fino addirittura a rifiutarlo del tutto, come ha fatto Bova, tanto era forte il desiderio di fare qualcosa di importante e tanto era forte la convinzione che proprio questo film fosse quello che da tempo si stava cercando di realizzare. Un impegno sociale. Un opera d'arte. Un film.

DUE FANS ACCANITI DI RAOUL BOVA ECCITATI MENTRE GRIDAVANO "RAOUL SEI FIGO"

sabato 12 maggio 2007

Lo zio indegno


Giancarlo Giannini e Vittorio Gassman. Basterebbero questi due nomi per convincervi a noleggiare questo film e vedervelo. Il primo gioca il ruolo di un ricco industriale che gestisce un'impresa di pulizie o, come dice lo zio Luca, pulisce i cessi. Il secondo invece è un semplice poeta, neanche dannato, che scrive la mattina mentre il resto della giornata lo passa a vivere. I due s'incontrano quando lo zio Luca, colpito da un malore all'uscita da un cinema, ha bisogno di qualcuno che gli paghi la clinica privata e lascia il nome del nipote come garanzia di pagamento. Da quel momento in poi la vita del ricco industriale sarà completamente stravolta da questo personaggio insolente, sfrontato, irriverente e dal passato misterioso, tanto che chiunque per la strada potrebbe avere le buone motivazioni per dargli un calcio nel sedere. Lo zio Luca è innamorato delle donne, come il Gassman di Profumo di Donna, ma stavolta la strategia per conquistare il gentil sesso è motlo particolare: lo zio si aggira per feste e cinema con in mano le analisi del sangue che espone ogniqualvolta incontra una bella ragazza per dare una garanzia di ferrea salute. Solo la nipote rimarrà positivamente interessata a questa strategia e, "casualità" vuole che, proprio prima di addormentarsi un'ultima volta sulla spiaggia, lo zio si interessi proprio di lei.

Un film eccezionale, comico e drammatico allo stesso tempo. Una riflessione sulla vita nell'incontro-scontro che porta la formica Riccardo a confrontarsi e scontrarsi con lo zio cicala che vive fino all'ultimo, in un mondo confuso ai margini della società, fatto di feste con trans e puttane, furti, ammiccamenti a ragazzine ma anche di poesia, ricordi, sorrisi e felicità. Indimenticabili i monologhi di Gassman di fronte al giudice, che forse centrano ben poco o niente con la causa, o forse invece centrano e anche tanto. Personaggio ironico e drammatico che oscilla tra un sorriso e un sospiro. Fino a quello finale. Con una sciarpa portata via dal vento e il nipote seduto sulle scale dell'albergo che, sorseggiando un aperitivo vinto, si accorge di aver imparato anche lui a vivere, proprio nel momento in cui si è allontanato dalla sua famiglia per seguire lo zio tanto odiato e amato dalla moglie. Il nipote non era mai riuscito a capirlo, si era interessato di sapere solo quello che gli veniva detto, senza mai informarsi, tant'è che non riuscirà mai a leggere le sue poesie tanto amate ed apprezzate. E proprio quando era riuscito riuscito a capire suo zio, lui se n'era andato. E anche stavolta non aveva pagato. Un lieto fine senza lieto fine.

Blog-grafie


Essendo questo un blog, mi sembra giusto e doveroso soffermarmi un momento per riflettere sull'essenza e sull'esistenza stessa dei blog. Dal momento in cui ho partecipato al convegno sui blog tenutosi in occasione dell'uscita del libro curato dal Prof. Guido Di Fraia "Blog-grafie. Identità narrative in rete", ho scoperto quanto fosse affascinante questo mondo ai più sconosciuto. Sicuramente i blog servono per lasciare una traccia di sé nel presente ma anche, e soprattutto, nel futuro. Pensiamo se solo cinquant'anni fa ci fosse stata la possibilità di creare dei blog oggi quanti documenti interessanti avrebbero i sociologi da analizzare per i loro studi sui cambiamenti della società. Ma questo non è tutto. Ancora più interessante è la teoria secondo la quale i blog servano da blogoterapia. Mi spiego meglio. Adesso, mentre scrivo queste parole, anch'io sto facendo una blogoterapia. Uso questo blog per espormi, per raccontarmi e raccontare. Posso essere letto o meno, fatto sta che comunque io sto scrivendo di me, anche se indirettamente in questo caso, ma sto facendo un'autoterapia che ha bisogno dello sguardo altrui per compiersi. Non è solo un'esercizio di scrittura questo, è comunicazione. E' ricerca di una forma di relazione con l'altro. Un rivolgersi a tutti e a nessuno ed implicitamente è un rivolgersi anche a me stesso.

Vi consiglio l'acquisto del libro "Blog-grafie. Identità narrative in rete" perché il tema trattato è veramente interessante:

Dettagli del libro:
Titolo: Blog-grafie. Identità narrative in rete
Curato da Di Fraia G.
Editore: Guerini e Associati

Data di Pubblicazione: 2007
ISBN: 8883358767
Pagine: 187

Pronti, partenza, VIA!

Sabato pomeriggio, anzi, quasi sera...bella giornata per dare inizio al mio primo blog ufficiale.
Il Blog in questione nasce essenzialmente dalla necessità di avere uno spazietto nella rete per poter postare tutti i miei pensieri. Per ora vi do il benvenuto e vi invito a tornare ogni tanto per leggermi.
Un saluto a tutti quelli che son arrivati fin quì perché mi conoscono e, se ancora non mi conoscete...beh imparerete a farlo leggendo il mio blog.