martedì 9 ottobre 2007

Roma citta' aperta

Penso che sia gia stato detto tutto su qesto film, anche troppo e talvolta male. La storia inizia nella Roma del '43-'44 dove si intrecciano le vicende di alcune persone che, insieme, fanno fronte comune contro il movimento nazista rappresentando alcune delle persone impegnate nella sanguinosa Resistenza italiana di quegli anni. Rossellini mette in scena uno stralcio della vita di Manfredi, un ingegnere comunista impeganto personalmente nella Resistenza, e di tutte le persone che entrano in contatto con lui, una fra tutte Pina e quello che sarebbe dovuto diventare suo marito proprio il giorno in cui invece che festeggiare e mangiare per un matrimonio, si dovra' piangere e pregare per un funerale: quello di Pina, uccisa da una mitragliata dei nazisti mentre correva dietro la camionetta che portava via il suo uomo. Verra' arrestato anche Manfredi che, nonostante la protezione riservatagli dal generoso e saggio don Pietro, sara' sottoposto a tremende torture fino a quando, sfinito, morira'.

La storia del film e' molto complessa perche' si intrecciano tantissime vicende che descrivono perfettamente la molteplicita' e la stratificazione sociale del periodo. La sorella di Pina che intraprende la strada dell'attrice per scappare via dalla sua povera e, per lei, umiliante casa. La donna di spettacolo con la quale Manfredi ha una relazione si vende al miglior offerente per avere pellicce, soldi e bei mobili. Ma allo stesso tempo vediamo persone come Pina che, nonostante le difficolta' e la sensazione di non farcela mai, vanno avanti.

Non si puo' fare a meno, guardando il film, di restare impressionato dalla storia dei personaggi ma, probabilmente ancora piu' forti sono le immagini che ci arrivano di una Roma distrutta, squarciata, aperta. La distruzione, la poverta', le macerie, la decadenza dovuta non al passare del tempo, ma dal passare della distruzione e dell'uomo. Non un uomo qualsiasi: la razza superiore tedesca.

Ci sono alcune frasi che vengono pronunciate dai personaggi del film e che sono veramente molto interessanti e che mi sento di dover riportare:

La prima viene pronunciata in una delle scene iniziali del film, quando avviene l'assalto al panificio e tutti stanno portando via del pane per poter soddisfare l'appetito arretrato. Il brigadiere cerca di ristabilire la calma, anche se senza troppi sforzi, come se sapesse che quelle persone avevano veramente bisogno di quel pane, tanto che, ormai circondato dalle persone che si accalcavano all'ingresso del forno, decide di allontanarsi e lasciar perdere. Alla domanda "ma che succede" di un passante, lui risponde "e non lo vedete? Hanno assaltato il forno". "E voi che fate?!" replica il passante, "Eh, io purtroppo sono in divisa". Perche' il pensiero primario non era quello di svolgere il proprio lavoro, ma di soddisfare la sua necessita' di cibo.

Ancora, spostandoci un po' piu' avanti, quando don Pietro parla con "l'uomo dalle scarpe strette", quest'ultimo gli dice, per lodarlo, "Ho sentito molto parlare di lei", riferendosi alla protezione che da ai partigiani della resistenza, e don Pietro risponde "Questo e' male, per la mia modestia e per la mia salute". Questo testimonia il periodo di grande paura, l'impossibilita' di uscire allo scoperto, di dover stare sempre nascosti e viver enell'ombra.

Il film e' ricco di frasi ad effetto, come quando i nazisti portano le due pecore nel ristorante chiedendo al ristoratore di cucinarle, lui controbatte che non e' un macellaio, allora i nazisti dicono "Non ti preoccupare, a quello ci pensiamo noi" e il ristoratore acutamente risponde "non ne dubito, in quell osiete bravi voi altri".

Senza dubbio pero' le frasi piu' importanti del film sono tre. Quella che chiude il film stesso, quando il generale tedesco, ubriaco (ma piu' lucido di tutti gli altri perche' ubriacato dall'alcool e non dalla sete di potere e conquista), afferma, guardando al cadavere abbandonato a terra di Manfredi, "Siamo proprio la razza superiore". Quando don Pietro inveisce contro i nazisti che hanno ucciso Manfredi, quasi a maledire la loro razza e tutto quello che rappresentano. E in definitiva il dialogo/monologo di Pina e Francesco, il suo uomo, quando lei gli dice "Ci so' dei momenti che non ne posso proprio piu', st'inverno sembra che non debba fini' mai" e lui risponde "Finira' Pina, finira', e tornera' pure la primavera, e sara' piu' bella delle altre, perche' saremo liberi. Bisogna crederlo, bisogna volerlo. Vedi, io queste cose le so, le sento ma non te le so spiegare, lui (Manfredi) si saprebbe farlo, lui e' un uomo istruito che ha tanto studiato, viaggiato, sa parlare bene lui. Ma io credo che sia cosi'. Che non dobbiamo avere paura ne oggi ne in avvenire perche' siamo nel giusto, nella via giusta capisci Pina? Noi lottiamo per una cosa che deve venire, che non puo' non venire. Forse la strada sara' un po' lunga e difficile ma, arriveremo e lo vedremo un mondo migliore. E soprattutto lo vedranno i nostri figli, Marcello e lui, quello che aspettiamo. Per questo non devi avere paura mai Pina. Qualunque cosa succeda. vero?"

Ed e' infatti con l'immagine dei bambini (protagonisti di una loro piccola resistenza durante il film) che si conclude il racconto. I bambini camminano in gruppo percorrendo un sentiero che li porta alla citta' di Roma lasciandosi alle spalle l'esecuzione di don Pietro. Un'immagine che si ricollega al discorso di Francesco. Un buon augurio per il futuro. Un barlume di speranza per un mondo migliore.

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