giovedì 4 ottobre 2007

Il Posto

Storia in parte autobiografica di Ermanno Olmi che racconta di Domenico "forse" Trieste, un giovane ragazzo che vive un po' fuori Milano e cerca di ottenere un posto di lavoro presso un'azienda milanese. Lavoro per il quale non lo pagano tanto ma che almeno gli durera' tutta la vita. Dopo aver sostenuto le prove obbligatorie per il posto di lavoro, conosce una ragazza, Antonietta, conosciuta anche come Magali' (soprannome datole da un ragazzo del suo quartiere). Si affeziona subito a questa ragazza ed ogni scusa diventa buona per cercare di (intra)vederla, attraverso un vetro, nascosto dalla pioggia sotto una tettoia. Alla fine entrambi verranno presi nell'azienda milanese: lui come fattorino in attesa che si liberi un posto, lei come dattilografa. Alla fine del film un posto si libera veramente nel reparto in cui era finito Domenico. Il posto diventera' suo. ma per quanto?

Lo stesso Olmi afferma che molti dei fatti che avvengono nel film sono autobiografici e gli sono realmente accaduti quando ando' a lavorare alla Edison a Milano. Lui stesso si era accorto che quello in cui viveva era un mondo a parte. Il mondo degli impiegati. Si svegliavano la mattina nella loro casa, andavano a lavorare, mangiavano in mensa, tornavano a lavorare e poi, quando la campana suonava, tornavano nelle loro case per dormire ed il giorno seguente sarebbe ricominciato tutto da capo. Si trattava di una routine insomma. O forse di un labirinto. E l'idea di questo mondo labirintico e ridondante e' perfettamente resa nel film dall'impiegato che alla fine del film fa tante copie di uno stesso documento riproducendo ciclicamente lo stesso monotono suono del rullo che imprime la stampa sul foglio, a significare come da quel momento in poi, tutto sarebbe stato sempre lo stesso. Lo stesso Olmi afferma di essersi reso conto che quel lavoro lo avrebbe potuto accompagnare (o perseguitare) per tutta la vita, portandolo a diventare talmente tanto dipendente dal suo posto, da dimenticare totalmente le altre cose e la realta' presente fuori da quell'edificio. Un'immagine forte ed esemplificativa di questo discorso e' quella dell'uomo che, nonostante fosse in pensione da tre mesi, continuava ad andare nel posto in cui aveva lavorato tutta una vita per farsi una dormitina al mattino e andarsene all'orario di fine lavoro. La vita sociale quotidiana era scandita dall'orario d'ufficio. Il tempo libera lo si passava in compagnia dei colleghi e sempre in luoghi di lavoro o direttamente o indirettamente collegati ad esso. Basti pensare al Natale passato da Domenico al CRAL, definito dalla madre come il "dopolavoro", proprio per sottolineare come, anche nei momenti di svago, il lavoro sia sempre fortemente presente.

Quella di Domenico comunque e' la storia di tanti ragazzi che, migrati al nord dal sud o dalla periferia alaa citta', hanno cercato un posto di lavoro sicuro e che desse una stabilita' economica tale da aiutare la famiglia e, magari, gettare le basi per costruirne una propria. Il posto di lavoro ci viene presentato come una trappola. Attraente perche' sicuro per tutta la vita ma allo stesso tempo spaventoso perche' soffocante e claustrofobico. Perfetta interpretazione di Olmi che, dalla sua parte, aveva l'esperienza personale della vita che si conduce in un ambiente come quello in cui si muove Domenico.

Olmi credeva tantissimo nel film, tanto da vendere la casa bergamasca lasciatagli in eredita' dal padre per comprare le pellicole e finanziare il film anche insieme al piccolo contributo di alcuni amici, tra cui anche il critico cinematografico Tullio Kezich. Il film si sarebbe dovuto chiamare "Due Fermate a Piedi", ovvero le due fermate che il Domenico fa accompagnato da Antonietta per raggiungere la fermata del treno. Peculiarita' del film e' che Olmi non dovette pagare la troupe perche' si trattava degli stessi collaboratori con i quali girava i documentari per la Edison, quindi erano gia stipendiati e lui disponeva gia di tutta l'attrezzatura necessaria per girare il film. Nonostante le aspre critiche politiche di chi lo accusava di aver rappresentato negativamente la societa' italiana (quando l'eccesso di nazionalismo funge da paraocchi e non permette di vedere la realta' circostante) il film possiamo dire che rappresenti straordinariamente un micromondo parallelo che non siamo abituati a vedere, a meno che non ne facciamo parte e, in tal caso, ci plasmiamo talmente tanto a sua immagine e somiglianza da diventarne assuefatti perdendo totalmente la lucidita' fino a non poterne piu' fare a meno. E' per questo che Olmi non ha preso un attore professionista ma ha deciso di prendere un ragazzo appartenente realmente a quella schiera di giovani che, intrapresa la strada degli studi professionali, aveva intenzione di gettarsi immediatament enel mondo del lavoro. Il ragazzo che interpeto' Domenico infatti, oggigiorno e' caporeparto di un supermercato. La ragazza invece felicemente accasata...con Olmi. Daltronde lei stessa, sotto le mentite spoglie di Antonietta, afferma: "Volevo studiare lingue, ma poi mi sono stufata. Sai com'e', tanto una donna prima o poi si sposa". Beh...magari Olmi pensava fosse un invito e l'ha presa sul serio.

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