venerdì 8 giugno 2007

Una vita difficile


Questa non è la storia di un uomo sfortunato, ma di un uomo che non ha cercato la fortuna. Di un ex-partigiano, alfabetizzato ma non ancora laureato. Giornalista della resistenza, impegnato in campo politico che scrive per una testata giornalistica di ristrette condizioni economiche. Vivo solo grazie ad una "montanara" che lo salva con un ferro da stiro dalla sicura processione ad opera di un soldato tedesco e della quale s'innamora e con la quale passa tre mesi "bloccato" in un fienile che apparteneva al nonno. Una vita difficile quella che i due passano. Prima separati, perché Silvio Magnozzi (Alberto Sordi) scappa nella notte dal fienile abbandonando Elena (Lea Massari) per tornare a combattere con i suoi partigiani, e poi da sposati, quando Magnozzi torna al paese di Elena per un servizio giornalistico e i due decidono, anche se non proprio all'unisono, di andare a vivere insieme a Roma. Non è proprio come Elena se l'aspettava la vita di Silvio, fatta di stenti, di digiuni, scarpe bucate e appartamento senza cucina perché "io ho sempre mangiato in trattoria". Ed è proprio dalla trattoria che la coppia viene cacciata perché non possono permettersi di pagare il pranzo. E' grazie a questa fatalità che i due fanno un incontro un pò particolare con il Marchese Capperoni, insieme al quale andranno a mangiare a casa della nobile famiglia dei Rustichelli perchè erano in tredici e "tredici non va di essere a tavola". Questa è probabilmente una delle scene più divertenti del film, dove si vede il contrasto tra la nobiltà, lo sfarzo, l'abbondanza, la monarchia e la fame, la povertà, il digiuno, la repubblica. Già, monarchia e repubblica, i due grandi poteri che si sfidano nel referendum dal quale esce vincente la repubblica. E' singolare la scena in cui Silvio ed Elena brindano da soli alla vittoria della democrazia con in sottofondo l'inno di Mameli. Ma la loro vita sarà tutt'altro che facile da questo momento in poi. Magnozzi intende scrivere, in un articolo di giornale, i nomi degli industriali corrotti che hanno fatto sparire miliardi di lire. Rifiuta ad un tentativo di corruzione da parte di uno di questi industriali in nome di quei principi e di quei valori per i quali aveva rischiato la vita da partigiano e per i quali verrà condannato ad un anno di galera con l'accusa di diffamazione per la pubblicazione, il giorno sucessivo, dell'articolo in questione. Come se non bastasse, subito dopo aver sposato Elena in municipio, apprende la notizia dell'uccisione di Togliatti e, fattosi trasportare dalla folla che incitava alla rivoluzione, si butta nuovamente nei pasticci e va incontro ad una nuova condanna che si somma a quella precedente e lo costringe, stavolta si, a finire in prigione per due anni. In questo periodo Elena torna al paese diventando vittima di pettegolezzi e di giudizi da parte di tutti i paesani. Nasce suo figlio, Paolo, come il nonno di Elena proprietario del fienile nel quale avevano passato quei tre mesi indimenticabili. Quando esce di galera cerca, sotto la pressione della moglie e della suocera, di laurearsi per poter andare a lavorare nel paese d'origine di Elena per poter così dare una sicurezza finanziaria a lei e a loro figlio. Non riesce però a laurearsi, scappa (ancora), si ubriaca, perde la moglie che torna al paese (ancora). Passano gli anni (due per l'esattwezza) e finalmente è riuscito a (ri)scrivere il suo romanzo, quello che aveva in testa da tanto tempo, che in parte aveva già scritto ma che la moglie gli aveva bruciato perché non lo avrebbe portato da nessuna parte. Un romanzo dove "ci sono dieci anni della mia vita", un romanzo impegnato, di critica, di accusa, di condanna, insomma, un romanzo che nessuno vuole pubblicare. Prova col cinema allora, dove comunque non riscuote successo. ma questa esperienza gli serve per incontrare nuovamente il Marchese Capperoni, stavolta nelle vesti di San Matteo, comparsa di cinecittà perché è morto il padre e lui si trova in ristrettezze economiche (strana la vita). Sarà proprio lui a dirgli che Elena si trova a Viareggio e a dargli venticinquemila lire per raggiungerla. E' qui a Viareggio che incontriamo le canzonette estive, le spyder, e le vacanze balneari dell'Italia del boom economico. C'è però una certa malinconia ina questo caso, dovuta probabilmente alla continua ubriachezza di Silvio e dell'impossibilità di riuscire ad avvicinare Elena che lo fugge continuamente, come se avesse la lebbra. Silvio riesce però a stare un pò con suo figlio Paolino e a spiegargli perché, oggi, non è un bambino ricco, milionario, ma alla fin fine, ripensando a come sarebbero potute andare le cose, non sembra più tanto convinto neanche lui della scelte che fece anni a dietro. L'ennesimo rifiuto da parte della moglie Elena lo porta, alcuni anni dopo, a presentarsi al funerale della suocera con una grossa spyder bianca, vestito elegante nero, così come lei lo avrebbe voluto arrivare in paese per prendere sua figlia. Silvio ha cambiato mentalità, ora ha fatto i soldi, può permettersi di riportare con sé Elena a Roma ed offrirgli una vita da molti considerata dignitosa. Solo in seguito capiamo che il suo lavoro non è fare il giornalista, ma fare il magiordomo - sotto la mentita carica di assistente - dell'industriale che un tempo gli offrì terreni, macchine, milioni. Silvio conduce una vita fatta di inchini, teste basse, rimproveri continui ed umiliazioni. Solo alla fine, la moglie, resasi conto della situazione nella quale Silvio si era ridotto, annullando i suoi ideali e se stesso, solo per riuscire a riavere con se la donna che si era reso conto di amare più della politica e del suo impegno morale nei confronti del paese che aveva aiutato a liberare dai nazisti. In seguito all'ennesima umiliazione subita da parte del commendatore, Silvio reagisce scaraventandolo in piscina ed abbandonando la villa per tornare, a piedi, alla sua umile dimora.

Vorrei iniziare proprio a parlare della macchina, grande protagonista dei film di Risi (Il sorpasso ne è un esempio) ma anche simbolo dell'Italia del boom economico. Qui la vediamo come simbolo della ricchezza, in alcuni casi simbolo di corruzione. Spesso Silvio rifiuta passaggi in macchina per prendere una boccata d'aria fresca e fare due passi, quasi volesse riproporre ogni volta la lotta tra valori e ricchezza, esplicitata nella scena con l'industriale che cerca di corromperlo.

Il film non è solo bello, è avvolgente, comi-tragico, fotografia di una società rivolta all'apparire, amorale e fortemente criticata dal regista che ne sottolinea la negatività, la superficialità e l'instabilità (basti pensare al Marchese che si ritrova a fare da comparsa a cinecittà mangiando pollo con pepeorni preconfezionati dalla produzione). Lea Massari è bellissima, Sordi eccelso come sempre. Da rilevare anche una piccolissima parte di Vittorio Gassman che interpreta se stesso. Piccola ma interessante, perché un giornalista gli chiede "Qual'è il suo pensiero sulla crisi del cinema" e lui risponde "La crisi del cinema è crisi di idee, non ci sono più idee, non ci sono più scrittori". Questa frase potrebbe essere tranquillamente riportata ai giorni d'oggi per descrivere la situazione attuale del cinema italiano.

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